Giovanni è ancora nella fase del “pre-telaista”, un appassionato molto tecnico e con una precisa strada in mente, per questo un po’ più vicino a tutti noi rispetto a chi i telai li salda già per lavoro. È di Finale Ligure, località di cui parliamo spesso qui su BiciLive.it per quanto concerne la mountain bike, dove vive e salda nel capanno fuori casa. Ci abbiamo fatto una chiaccherata che è sfociata nel racconto, interamente “virgolettato”, che siamo lieti di presentarvi qui di seguito. [BiciLive.it]: Credo che innanzitutto ci sia la passione per la bicicletta. La bicicletta mi ha permesso di allargare i confini: prima della mia strada, poi dei miei monti, poi della provincia… e questa meravigliosa sensazione non mi ha mai abbandonato. La bicicletta è diventata per me sinonimo di libertà, e nonostante le mie gambe ne siano il motore e questo comporti sudore e fatica, mi alleggerisce la mente e mi fa sentire forte. Questo è stato il motore primario, sicuramente: la passione. Non si può tralasciare lo spunto che mi ha regalato mio padre, che era operaio in un cantiere navale e mi ha trasmesso la passione per le costruzioni. Inoltre, vedendolo lavorare in casa, ascoltando i suoi discorsi, mi ha aiutato ad intuire che il mondo costruito, nonostante sia pensato e progettato, è soprattutto realizzato dalla fatica e dal sacrificio di chi lo fa. Purtroppo nel nostro paese si è iniziato a credere che il pensiero si ponga davanti a tutto. Crescendo ho capito, invece, che tutto inizia dalle mani. Il pensiero ne è stata una conseguenza. Prima siamo stati artigiani, l’artigianato ci ha permesso di poter pensare. Purtroppo, non essendo uomo coerente, ho studiato design anziché avvicinarmi da subito all’artigianato. Ho inseguito svariati lavori, sfiorando mestieri senza mai abbracciarne uno, e così mi sono trovato disoccupato nel 2012: è stata una sorta di fortuna. Ho iniziato a restaurare alcune biciclette che avevo da parte, sistemare la mia Vespa e sentire forte il bisogno di costruire il mio primo telaio, sogno che covavo segretamente da tempo, folgorato nei primi anni novanta dal numero 12 di COLORS una pagina che rappresentava un mezzo pulito, essenziale che in un modo o nell’altro mi è rimasto in testa da quel giorno come un archetipo. Ho iniziato dunque a cercare i materiali, contattare i primi fornitori e ho scoperto con gran piacere che è possibile trovare tutto, magari non nel ferramenta sotto casa, ma bastano un minimo impegno e, ovvio, internet. Contemporaneamente ho iniziato a studiare la tecnologia per realizzarlo e non è stato semplice: tutta la letteratura che ho trovato a riguardo era americana e poco esaustiva. Molte cose non si imparano dai libri, anche se la conoscenza tecnologica aiuta e alle volte è determinante, ma è l’esperienza la chiave di volta. Lo si capisce da subito, dal primo momento in cui si dice: inizio. Il pensiero e l’azione non collimano, il concetto di tolleranza sfuma e si fa fatica a mantenere il controllo, ma continuando, giorno dopo giorno, si impara. Le mani apprendono in fretta e si capisce quanto siano importanti e decisive. Un grosso aiuto è arrivato dai social network, uno tra tutti Instagram, che mi ha permesso di conoscere, tramite le immagini che via via correvano, una scena internazionale di giovani telaisti che producono lavori di grande qualità. Ci si scambia consigli, ci si aiuta, ci si incoraggia, ci si deprime di fronte a certi capolavori. [BiciLive.it]: Si prova, si prova e poi si impara. Alla disperata ricerca di informazioni in rete ho appreso dell’esistenza di The Bicycle Academy e dopo un po’ di tentennamenti mi sono deciso ad andare oltre la Manica. Sono partito dunque per Frome, nel Somerset, nel novembre 2013, dove ho appreso i fondamenti della tecnica fillet brazing. L’esperienza, estremamente positiva, è stata una full immersion di una settimana di tecnologia, pratica e fatica. Ti accompagnano a costruire un telaio dalla sgolatura dei tubi, puntatura sulla dima, la saldatura e le lavorazioni finali. Il telaio finito andrà in donazione in Africa e diventerà una bicicletta da carico. Si torna a casa con una bella esperienza vissuta. Un insegnamento molto importante (il loro motto) diventa predominante, decisivo: “practice makes perfect” (la pratica rende perfetti). Tornato a casa ho iniziato a sistemare il capanno sotto casa più deciso che mai. Finalmente ho trovato il coraggio per accendere il cannello. Si viaggiava un po’ alla giornata ed è bello raccontarlo al passato. Ogni giorno era un ostacolo diverso che affrontavo un po’ come quando si pedala in salita: costruire una dima per i telai guardando le foto in rete, una dima per le forcelle. Ho realizzato un “piega steli” per la forcella abbastanza empirico, ma funziona e sono state gioie. Come una gioia è stata il giorno che ho brasato il mio primo telaio, a congiunzioni, simile a quello visto anni prima sulla rivista COLORS. Ed è stata una grande soddisfazione. Gli ostacoli che si pongono di fronte quotidianamente diventano, quando superati, un progresso, e inizi a capire che l’artigianato è proprio questo: saper crescere giorno per giorno, affrontando difficoltà e superandole. Si accantonano con tenerezza le prime delusioni che ti fanno capire che fare telai è difficile e continui a lavorare. Ed è tutto questo che il tuo cliente comprerà in futuro oltre a un telaio. È questo che darà un valore in più. Una storia in più. Ogni passo avanti lo pubblicavo sul mio account instagram lacremo_it e pian piano sono entrato in contatto con altri giovani telaisti che prima di me avevano vissuto situazioni simili. L’aspetto interessante a riguardo è stato osservare da fuori, ammirare i lavori di giovani maestri stranieri e notare pian piano che vicino a me ero già circondato da una nuova scena anche in Italia. Mi ha reso felice e meno solo. Fresco di poche esperienze sono stato invitato da Zino a partecipare alla prima edizione di The Bike Republic a Torino, dove abbiamo avuto modo di incontrarci tutti e conoscerci, scambiare opinioni e, per la prima volta, esporre i nostri lavori. Nei mio girovagare per il savonese alla ricerca di materiale ed attrezzature ho incontrato molte persone, alcune delle quali incredule, ma fra tutti una frase mi è rimasta impressa: “Ascolta un vecchio, mettitti a fare l’idraulico, che con le biciclette non ci campi”. Oppure ho trovato l’entusiasmo di chi come me condivide l’aspetto che affrontare strade difficili e tortuose sia una bella avventura stimolante. Ho avuto dunque la possibilità di conoscere tante persone che sono state ognuna a modo loro di aiuto, anche chi mi ha saggiamente consigliato di fare l’idraulico. La passione per la bicicletta e per il ciclismo è un grande motore come dicevo, mi ha aiutato a capire la strada da percorrere. Non da meno è stato il passato del nostro paese, sia ciclistico che di produzione ciclistica. Muratori che vincono il giro. Ciclisti che diventano progettisti e poi imprenditori di successo. Una storia di persone che hanno avuto la possibilità di percorrere strade sconosciute. L’aspetto eroico e di emancipazione sociale che la bicicletta ha saputo e sa portare mi affascina molto. È vettore di nobili valori. La modernità purtroppo e l’ipertecnicismo hanno un po’ snaturato questi aspetti ed è per questo motivo che ho scelto di percorre una strada più emotiva, romantica, senza però finire nella nostalgia del vintage. Lo spirito insito nel ciclismo d’epoca mi affascina e mi piacerebbe essere in grado di coniugarlo al futuro. La mia ricerca vorrà percorrere proprio questa strada. [BiciLive.it]: Ora passiamo a una parte un po’ più “tecnica”. Quasi tutti i miei lavori sono stati saldati nelle ore serali. Nonostante la scarsa luce la sera concilia la saldatura. Per il fillet brazing è necessario un stato mentale particolare, devi essere sereno, limitare le tensioni e concentrarti al massimo su quello che stai facendo, perché più si riesce ad avere un lavoro pulito e preciso e meno si deve lavorare dopo con le lime. Per realizzare il primo telaio ci ho messo molto, non ricordo bene quanto. Ho dovuto costruire molti attrezzi e mi ci è voluto quasi un mese solo per quello poi a fare il telaio credo una settimana o poco più… escluse le lavorazioni a freddo: ripasso filetti, spianatura delle facce e rettifica tubo sterzo. Tutte lavorazioni che richiedono strumenti specifici e non proprio economici che ho dovuto acquistare in Germania. [BiciLive.it]: Ma arriviamo ora a qualche realizzazione. Dopo un telaio da donna costruito per farmi perdonare dalla mia ragazza per il tempo speso in giro e un classico “pista”, ho realizzato un telaio da strada per me. Arrivo da tre anni pedalati su un telaio in carbonio, che mi ha fatto capire che il ciclismo che cerco è diverso. Quindi ho pensato ad un telaio su misura per le mie esigenze, una parola fra tutte: comodo. Ho appena concluso una piccola mtb 26″ per mia sorella, e i progetti sui quali lavorerò nel prossimo futuro saranno un telaio gravel e un 29″ per vivere al meglio i sentieri del finalese. Non vedo l’ora di iniziare a tagliare i primi tubi: ognuno di questi nuovi lavori avrà una storia da raccontare. L’aspetto interessante è stato dunque non focalizzarsi solo su un mezzo, su un modello. Mi piace avere uno sguardo ampio, pensare alla bicicletta come mezzo e cercare di valorizzare gli aspetti più importanti del materiale e dell’uso che se ne farà, almeno il tentativo è questo. Il telaio deve rispondere a un’esigenza. È un lavoro di esplorazione. Al momento lavoro l’acciaio, ma non escludo gli altri materiali a priori. L’acciaio è il materiale che al momento mi permette maggiore versatilità e credo che vivrà una seconda primavera. La sensazione che l’acciaio riesce a dare è di ammorbidire la strada rendendo l’esperienza in sella molto piacevole. L’ossessione per il grammo e la rigidità mi è difficile da capire. Per i pro forse è una necessità. Altrimenti è un discorso che annebbia il reale argomento di discussione, che dovrebbe essere sul progetto, sulle misure e sulle geometrie. Questi concetti si imparano purtroppo solo con esperienza, condivisione e un po’ di flessibilità. È sempre meglio non credere a dogmi certi per arrivare ad un progetto originale. Sono certo che ci sarà ancora molto da dire a riguardo. A livello pratico in officina le proprie mani apprendono giorno per giorno molto in fretta. Per esempio sapere usare le lime è determinante, visto che tutti i tubi al momento vengono preparati con seghetto e lima, eccetto alcune lavorazioni. Mi aiuto con una tracciatura di taglio generata da un bikecad ed è di grande soddisfazione quando il tubo sgolato calza alla perfezione nel suo posto. Ci vuole del tempo e poco alla volta si arriva al punto desiderato e quando lo si ottiene la soddisfazione è grande. Al momento sono in una fase di costante innovazione, infatto sono in procinto di acquistare nuove attrezzature per migliorare la qualità dei miei telai. La sensazione che si possa fare meglio mi sta accanto quasi sempre e mi sprona a pensare costantemente a soluzioni nuove, più semplici, migliori. Cercar di capire i perché degli errori è un grande progresso. Anche se le attrezzature non sono poi così determinanti: aiutano le lavorazioni, le velocizzano, ma la precisione è una costante che si deve sempre pretendere e ricercare comunque. Facendo quasi tutto a mano ci vuole molto tempo. Questo mi serve per dire che la qualità del lavoro nasce innanzitutto dalla volontà e dalla pazienza per ottenerlo, concetti un po’ lontani dalla nostra società dei consumi. Al momento questa non è la mia primaria attività, lavoro in un altro campo, ma spero in un futuro prossimo che possa diventarlo, da sognatore credo sia una grande fortuna poter riuscire a fare un lavoro che si ama. [BiciLive.it]: Ma il nome da dove arriva? “Lacremò” è un toponimo. È Il nome in dialetto della frazione di Finale Ligure dove sono nato. E’ una parola che mi è cara sin dall’infanzia. L’origine è misteriosa, forse fa riferimento ad un incendio, forse ad una disgrazia, non è ben chiaro. Riprende la mia visione un po’ romantica che la bicicletta è quel mezzo che mi permesso di allargare il mio spazio vitale. Lacremò è un punto su una mappa, da questo punto si parte. E’ un pensiero che ho mentre lavoro e devo dire che mi piace molto. Un’ultima certezza per chiudere è che la bicicletta per me è fondamentalmente fatica e sudore. Lei lo chiede quasi sempre, ma in cambio dona tanto: nuove prospettive, uno spazio di manovra più ampio, un senso di benessere e libertà. Qualche disavventura tecnica certamente mi è capitata! Ma devo ammettere che sono un po’ timido a riguardo e credo che le terrò per me, ma ce ne sono state e ci sono ancora. L’importante è non demoralizzarsi e non credere che la perfezione la si ottenga subito. Credo questo sia il migliore consiglio da lasciare a chi vuol iniziare questa strada: non frenare mai l’entusiasmo e non farsi abbattere dagli insuccessi, sono proprio quelli il motore per migliorarsi. E fare le cose semplici, complicandosi la vita il meno possibile. Quest’ultimo è un consiglio che mi è stato suggerito e me lo devo ricordare anche io di tanto in tanto. Ci vuole un minimo di esperienza anche per non complicarsi troppo la vita. Sito ufficiale: lacremo.it // Foto di Alessandro Gimelli