Mal’aria 2019: brutte notizie sull’inquinamento in città Alessio Valsecchi 10 Febbraio 2019 Bike News Legambiente ha pubblicato il suo dossier annuale riguardante l’inquinamento atmosferico, intitolato Mal’aria 2019, e il quadro generale che emerge dall’analisi dei dati è preoccupante. Varie le soluzioni proposte e proponibili e fra queste la mobilità sostenibile ha un ruolo primario, riguardante quindi anche il settore ciclo. Nell’anno appena trascorso sono ben 55 i capoluoghi di provincia nei quali sono stati superati i limiti di legge previsti per l’ozono oppure per le polveri sottili (Pm 10), che corrispondono rispettivamente a 25 e 35 giorni. Ci piacerebbe dirvi che quella è nebbia mattutina, in realtà è qualcosa di ben più pericoloso e potenzialmente mortale. La maglia nera tocca all’area padana, che raccoglie buona parte dei capoluoghi meno virtuosi, e dei 55 comuni fuorilegge ben 24 hanno superato i limiti in entrambe le categorie. Le cause di questo tipo di inquinamento sono ovviamente molteplici e complesse, coinvolgono da molto vicino il riscaldamento domestico e le attività industriali, ma le emissioni degli automezzi giocano un ruolo importante e agire nei loro confronti è ormai irrinunciabile. Mal’aria 2019: un quadro preoccupante Come detto, il quadro è particolarmente fosco per quanto riguarda l’area della pianura padana, nella quale al già alto tasso di inquinamento atmosferico si somma anche la particolare conformazione geografica, che la tramuta praticamente in un enorme bacino di raccolta dell’inquinamento. Brescia guida la classifica dei due dati associati con ben 150 giorni “fuorilegge” in totale (47 per il Pm10 e 103 per l’ozono): seguono quindi Lodi con 149 (78 e 71), Monza (140), Milano (135), Bergamo e Cremona (127). Scorporando i due dati si ottengono risultati diversi, ma continuano a dominare i capoluoghi lombardi. Se analizziamo infatti i numeri riguardanti la soglia limite delle polveri sottili (la legge fissa il limite quotidiano a 50 μg/mc) ecco che Lodi è prima con 78 giorni e Milano segue a ruota con 74 giorni. La classifica muta ancora se ci concentriamo sui dati concernenti l’ozono troposferico, che riguardano maggiormente i periodi più caldi dell’anno. In questo caso Brescia torna capolista con 103 giorni, seconda Monza (89) e poi Lecco (88), Bergamo (85), Varese (78). La tabella Legambiente con il superamento dei limiti previsti per le polveri sottili (Pm10) o per l’ozono, accorpati. Questi dati possono sembrare semplici cifre poco significative, ma deve essere chiaro che si traducono in un alto numero di morti all’anno. L’Agenzia Europea per l’ambiente stima a circa 422.00 i decessi prematuri causati dall’inquinamento atmosferico, e anche in questa truce classifica l’Italia si piazza nelle prime posizioni, con un alto numero di morti in confronto alla popolazione totale. Risalendo al 2015, gli italiani morti prematuramente per questi motivi sono stati più di 60.000. La mancata percezione fra la popolazione dei pericoli connessi all’inquinamento atmosferico è uno degli aspetti più pericolosi e allarmanti e non riguarda chiaramente solo l’Italia ma tutto il pianeta. Un recente articolo del Guardian si è occupato proprio di questa mancata percezione, facendo notare come l’inquinamento atmosferico influisca anche su fattori quali il quoziente intellettivo dei bambini che crescono in zone inquinate, così come sulla loro salute mentale in generale, oltre che su condizioni più intuitive quali l’asma e varie afflizioni polmonari. Inquinamento atmosferico: che fare? La soluzione del problema richiede un approccio olistico che coinvolga ogni aspetto, da quello politico a quello tecnologico e scientifico, da quello culturale a quello infrastrutturale, ed è uno sforzo che dovrà essere prolungato nel tempo e avere obbiettivi diversificati sia come scopo che come durata. Da un lato servono misure emergenziali sull’immediato, e gli interventi sulla mobilità sostenibile sono in prima linea su questo fronte. Occorre incentivare i trasporti pubblici e qualsiasi tipo di mobilità sostenibile combinando questa azione a una serie di disincentivi nei confronti dei mezzi privati maggiormente inquinanti, così come rafforzare le infrastrutture che favoriscono detta mobilità sostenibile. Ma le sfide maggiori e più impegnative rimangono quelle su medio e lungo termine: occorre ripensare le città e renderle davvero a misura d’uomo, ma per fare questo bisogna prima formare una serie di professionisti che sappiano occuparsi di questi mutamenti analizzandoli e programmandoli, nuovamente, sotto molti punti di vista. E quindi la sfida più importante di tutte rimane comunque quella socioculturale, ovvero educare i bambini, che sono i cittadini del domani, a uno sguardo e rispetto diversi nei confronti della natura, che è la loro e nostra casa. È anche la sfida più difficile e complessa, perché prima di tutto richiede avere del personale didattico che sappia trasmettere questi valori e insegnamenti, e in secondo luogo richiede sia molto tempo, parliamo di decenni, che il coinvolgimento delle famiglie e dei luoghi di socializzazione. Il ruolo della bicicletta è ora più che mai importante, in particolare con l’avvento delle biciclette elettriche: servono ancora maggiori incentivi, sia dal punto di vista economico che sociale, nonché infrastrutture adeguate: promuovere l’impiego della due ruote senza però assicurare una rete ciclopedonale funzionale e abbondante ha un minore impatto e non basta. Dall’imagine satellitare è molto facile intuire i gravi problemi di inquinamento della pianura padana. E noi ciclisti? Be’, cominciamo con il farci, una volta tanto, dei dovuti complimenti: il nostro comportamento è per sua natura più virtuoso rispetto a quello di tanti altri. Ma non possiamo riposare sugli allori. A livello personale possiamo provare a comportarci ancora meglio in tutta quella serie di gesti quotidiani che influiscono sul problema. E, in ultimo, siamo proprio noi e le nostre due ruote a poter agire quali alfieri culturali di questo cambiamento. Ma, tenendo conto della psiche umana, dobbiamo farlo con esempi positivi: vale più un elogio dei vari aspetti positivi di impiegare una bicicletta che il far sentire colpevole qualche automobilista addossandogli tutte le colpe del mondo, colpe che non ha, perlomeno non in quel grado e non come singolo. Meglio quindi spargere cultura positiva sul mondo delle due ruote piuttosto che attaccare frontalmente e lamentarsi dei “cattivi inquinatori a quattro ruote”: otterremo molti più risultati. Nel caso siate interessati a consultare il PDF dello studio/report Mal’aria 2019 potete trovarlo seguendo questo link al sito ufficiale Legambiente. E per pedalare più tranquilli per le vie delle città vi consigliamo di leggere la nostra Guida alla scelta delle maschere antismog per ciclisti.