Mobility Manager: una figura obbligatoria per le aziende dal 2021? Pietro Franzese 4 Marzo 2021 Bike News Complice l’incentivo economico, nel 2020 l’opinione pubblica ha parlato molto del bonus mobilità, che è piaciuto agli Italiani e che solo lo scorso anno ha fatto registrare un incremento del 140% delle vendite di mezzi per la mobilità sostenibile. Non solo biciclette, quindi: stando ai dati gli italiani hanno comprato soprattutto monopattini elettrici (con un incremento del +90%) che stiamo vedendo sempre più spesso circolare nelle nostre città. Il bonus mobilità però è solo una parte delle iniziative dedicate alla sostenibilità ambientale delle nostre città promosse dal governo lo scorso anno. Oltre infatti all’incentivo economico il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Sergio Costa (ora uscente) ha emanato una serie di normative pensate per coinvolgere le aziende pubbliche e private a migliorare la mobilità sostenibile dei propri dipendenti. Una delle nuove norme definite dal Decreto Rilancio che è passata in secondo piano ma sarà fondamentale per un costante miglioramento della mobilità sostenibile è l’introduzione di una nuova figura in azienda, quella del Mobility Manager. Secondo la definizione della European Platform on Mobility Management, il Mobility Manager è “Una figura che riguarda la promozione della mobilità sostenibile nonché la gestione della domanda di trasporto privato mediante il cambiamento degli atteggiamenti e del comportamento degli utenti.” In pratica il Mobility Manager si occuperà, all’interno di aziende e gli enti pubblici con più di 100 dipendenti, di sviluppare o creare ex novo un PSCL (Piano degli Spostamenti Casa Lavoro) in modo da incentivare la riduzione dell’uso di mezzi privati individuali (come per esempio veicoli a motore) per recarsi a lavoro. Non solo: questa nuova figura manageriale avrà anche l’incarico di studiare una migliore organizzazione degli orari lavorativi aziendali al fine di limitare la congestione del traffico nelle nostre città. Quello del Decreto Rilancio è un sensibile cambiamento della norma che fino al 2015 riguardava solo le aziende con più di 300 dipendenti e che quindi ha come scopo quello di aumentare il numero di aziende che prestano attenzione alla riduzione del traffico nelle aree urbane. Un’iniziativa sicuramente positiva per incentivare le aziende italiane con un alto numero di dipendenti a prendere provvedimenti, ma la realtà dei fatti purtroppo è un’altra. Da recenti indagini infatti risulta che sul territorio italiano siano attivi poco più di 500 Mobility Manager a fronte delle oltre 4.000 aziende e 12.000 enti pubblici che hanno più di 100 dipendenti in Italia (fonte ISTAT). Le ragioni per un così basso numero di Mobility Manger sono principalmente due: la scarsità (o in molte regioni la totale assenza) di corsi di formazione che certifichino le competenze di queste figure e la non obbligatorietà della figura all’interno delle aziende. La norma contenuta all’interno del Decreto Rilancio infatti rappresenta più un consiglio che un obbligo, infatti a oggi non è sanzionata dalla legge. Il problema è poi anche rappresentato dalle scuole (anche loro all’interno preposte alla raccolta di dati sugli spostamenti degli alunni al fine di migliorare la mobilità nelle città) perché solamente meno del 10% hanno raccolto in questi anni i dati necessari da comunicare ai comuni per eventualmente ripensare la viabilità urbana. Eppure sarebbe importante comunicare proprio nelle scuole un nuovo tipo di mobilità sostenibile, in modo da crescere le prossime generazioni con una maggiore attenzione verso il modo di spostarsi in città. Sono proprio i giovani che sono solitamente più attenti alla tematica ambientale e che saranno i protagonisti del futuro, quindi sarebbe la scelta migliore quella di studiare insieme agli operatori scolastici PSCL dedicati agli studenti. Quella del Mobility Manager, il responsabile della mobilità aziendale, è quindi una figura importante e che siamo sicuri si svilupperà sempre di più nelle aziende e nelle scuole di tutta Italia. A oggi, nonostante la sua obbligatorietà, bisogna però costatare che la strada da fare è ancora lunga.