Quante e-bike sta vendendo il settore? La risposta più plausibile è “tantissime”, visto che gli enti preposti non sembrano in grado di dare un dato preciso.

I dibattiti più recenti hanno trattato temi importanti: come incentivare la mobilità leggera, l’uso delle bici nel trasporto urbano, come accelerare la transizione verso l’elettrico.

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Tuttavia, a parer nostro, affinché quest’onda di crescita positiva duri il più a lungo possibile sarebbe bene porsi in modo serio alcuni quesiti anche di carattere etico: dove finiscono tutte le batterie delle ebike una volta esauste? Come dev’essere stoccata una batteria? Come viene prodotta una batteria?

Le tematiche sono naturalmente complesse e il periodo storico in cui viviamo, coniugato all’aumento della domanda di certi prodotti, rende le cose ancor più difficili.

Nel corso di questo articolo, e in altri, entreremo progressivamente nello specifico a riguardo delle problematiche che abbiamo potuto riscontrare nella bike industry, cercando di integrarle con le proposte che esperti e player del settore stanno sviluppando per creare una crescita positiva e sostenibile su lungo periodo.

Prima di cominciare questa disamina ci sembrava corretto iniziare dalle “regole del gioco”, ovvero i decreti legge ad oggi in vigore che determinano cosa si può e cosa non si può fare sul suolo italiano.

Il decreto legislativo di riferimento è del 20 novembre 2008 nr.188 [attuazione della direttiva 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti e che abroga la direttiva 91/157/CEE]. Questo decreto ha lo scopo di disciplinare l’immissione sul mercato delle pile e degli accumulatori, le fasi di raccolta, il trattamento, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti derivanti da pile e accumulatori, con il preciso scopo di promuovere un elevato livello di raccolta e riciclo di questi elementi.

Recentemente sono state apportate delle modifiche con il Decreto Legge del 3 settembre 2020 nr.118 al fine di recepire la direttiva europea 2018/849/UE.

Una delle partite più delicate si gioca sullo smaltimento dei rifiuti derivanti da questi prodotti.

Questi sono trattati nell’articolo 12, dedicato allo smaltimento, che recita “È vietato lo smaltimento in discarica o mediante incenerimento dei rifiuti delle pile e degli accumulatori industriali e per veicoli, ad eccezione dei residui che sono stati sottoposti a trattamento o riciclaggio a norma dell’articolo 10, comma 1”.

Smaltimento che naturalmente presenta dei costi a volte onerosi e anche qui il decreto è lapidario asserendo subito al primo punto dell’articolo 13 che “Il finanziamento delle operazioni di raccolta, di trattamento e di riciclaggio dei rifiuti di pile ed accumulatori di cui agli articoli 6 e 7 e 10 è a carico dei produttori o dei terzi che agiscono in loro nome.

Da qui, teoricamente, non si scappa: l’articolo 14 dice chiaramente che “È istituito, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Registro nazionale dei soggetti tenuti al finanziamento dei sistemi di gestione dei rifiuti di pile e accumulatori ai sensi dell’articolo 13”, solo per citare alcuni articoli cardine che identificano precisamente diritti e doveri di chi opera nel settore.

batterie varie

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Tra la teoria e la pratica però “c’è di mezzo il mare”: in questi mesi di ricerca e grazie al confronto con professionisti che operano da anni in questo campo ci siamo resi conto che il recupero e lo smaltimento non è semplicemente un fatto di seguire delle norme ma più che altro si tratta della capacità o meno di “fare sistema” da parte di un settore.

Le batterie sono classificate come materiale pericoloso e la loro gestione dovrebbe essere controllata minuziosamente dalla produzione allo smaltimento. Scarsi controlli da parte dello Stato e difficile gestione dell’operato dei consumatori rendono tuttavia complessa l’efficienza del risultato finale.

Le problematiche che si riscontrano sul campo sono tra le più disparate, vanno dallo stoccaggio errato di queste parti all’abbandono indiscriminato per mano di chi le utilizza e, per ignoranza o malafede, le butta via senza seguire le corrette vie di smaltimento.

Al fine di rendere possibile quanto le leggi prescrivono è auspicabile che si crei una sinergia tra tutte le parti, dalle aziende produttrici passando per i negozi fino a coinvolgere le aziende che si occupano di smistamento e riciclo e il Centro di coordinamento, che è un consorzio avente personalità giuridica in cui i produttori possono partecipare individualmente o in forma collettiva.

Alcuni punti del decreto legge

Articolo 12

È vietato lo smaltimento in discarica o mediante incenerimento dei rifiuti delle pile e degli accumulatori industriali e per veicoli, ad eccezione dei residui che sono stati sottoposti a trattamento o riciclaggio a norma dell’articolo 10, comma 1.

Articolo 13

Il finanziamento delle operazioni di raccolta, di trattamento e di riciclaggio dei rifiuti di pile ed accumulatori di cui agli articoli 6 e 7 e 10 è a carico dei produttori o dei terzi che agiscono in loro nome.

Articolo 14

È istituito, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Registro nazionale dei soggetti tenuti al finanziamento dei sistemi di gestione dei rifiuti di pile e accumulatori ai sensi dell’articolo 13.

Articolo 16

Centro di coordinamento

È istituito il Centro di coordinamento, in forma di consorzio avente personalità giuridica di diritto privato, cui partecipano i produttori di pile e di accumulatori, individualmente o in forma collettiva.

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