Infrastrutture ciclabili: investimento o spesa? Alessandro Borghi 18 Maggio 2021 Brainstorming Quando si parla di infrastrutture ciclabili sentiamo spesso il termine “investimento”, diversamente da quanto succede quando si trattano altre aree dell’amministrazione pubblica, dove la voce più ricorrente è “spesa”. Il motivo è abbastanza semplice: i soldi spesi in infrastrutture ciclabili creano un ritorno economico che tende a moltiplicarsi. Non siamo noi di BiciLive.it a dirlo, ma uno studio recentemente condotto da esperti del settore che hanno dimostrato il valore reale di tutti gli investimenti effettuati su infrastrutture legate al mondo della mobilità ciclabile. I dati emersi dallo studio Dal sopracitato studio di Sebastian Kraus e Nicholas Koch emerge che la richiesta di aumentare gli investimenti che giunge continuamente da operatori del settore, aziende, negozi e ciclisti è in realtà un’ottima occasione per investire i fondi della pubblica amministrazione. Basata sui dati di oltre 100 città europee, l’indagine condotta sulle infrastrutture ciclabili durante l’era Covid-19 ha infatti dimostrato che investire in questo campo genera un aumento dell’utilizzo della bicicletta compreso tra l’11% e il 48%. Tutto ciò si traduce in un maggior numero di ciclisti presenti sulle piste ciclabili ma soprattutto in un beneficio in termini di salute pubblica in tutta Europa, che i due autori dello studio hanno stimato in circa 7 miliardi di sterline. Come abbiamo visto durante la situazione di emergenza sanitaria, la possibilità di usufruire di percorsi ciclabili induce infatti più persone a utilizzare la bicicletta. E non sono stati solo i consigli di medici ed esperti ad aver incentivato la popolazione a pedalare, ma il merito si deve soprattutto alla presenza di nuove infrastrutture. Non si devono investire cifre esorbitanti: le semplici corsie temporanee realizzate su strade già esistenti hanno contribuito alla diffusione dell’uso della bici a fronte di un costo che possiamo considerare minimo. I dati dello studio in particolare hanno sottolineato come nelle 106 città europee analizzate, le piste ciclabili provvisorie abbiano aggiunto in media 11,5 chilometri alla rete già esistente. Ma le amministrazioni locali non si sono fermate qui: all’8 luglio 2020 svariati centri urbani hanno annunciato la creazione di 2.000 chilometri di infrastrutture protette, con l’obbiettivo di permettere ai cittadini di avere a disposizione un’opzione di trasporto in più. La bicicletta, appunto. Non è un caso se nell’incipit del report i due autori Kraus e Koch dichiarano che “le interruzioni del trasporto pubblico, così come gli scioperi, portano le persone a rivalutare le proprie abitudini. L’istituzione di infrastrutture dedicate è quindi identificata come un mezzo davvero importante per incrementare la mobilità ciclistica”. La pandemia del Coronavirus ha di fatto permesso di avere a disposizione un “esperimento politico ideale per studiare la reattività ciclistica in condizioni favorevoli”. E da questo “esperimento” sono emerse delle differenze nette tra le città che hanno investito in questo campo e quelle che hanno preferito “spendere” altrove. Città (e costi) a confronto Prendendo come esempio alcune grandi città europee oggetto di studio, si nota come Berlino e Dublino siano state quelle più virtuose. La loro politica di promozione della bici, sia essa elettrica oppure muscolare, e del monopattino elettrico come mezzo di trasporto non si è fermata al periodo di emergenza, ma si è protratta anche durante l’estate. Parigi invece ha concentrato i suoi sforzi in un periodo più breve, facendo registrare i cambiamenti maggiori nell’arco di due mesi: da maggio a luglio. Ma ciò che fa di Berlino la città a cui guardare e da cui prendere spunto è il costo di realizzazione delle infrastrutture. Se a Siviglia il costo diretto di un chilometro di pista ciclabile era stimato a circa 250.000 euro, la pianificazione iterativa della capitale tedesca ha permesso di ridurre tale cifra a 9.500 euro (dato di luglio 2020). Come dimostra questo studio quindi, gli investimenti in ambito ciclabile possono essere ridotti al minimo facendo delle scelte intelligenti e ponderate, che permettono però di avere un ritorno economico (e non) molto vasto. Pensiamo all’aumento del numero di ciclisti (fino al +41,5% nelle città analizzate), agli incentivi verso una mobilità più sostenibile, alla migliore qualità dell’aria che respiriamo e quindi alla nostra salute. Quando si parla di infrastrutture ciclabili quindi si dovrebbe usare il termine “investimento” invece di “spesa”, o almeno così suggerisce il report di Kraus e Koch.