“…un minut e 43 e trentatrè all’ora di media? Pusibil?”

Testo di Massimiliano Lamberti

Milano, via Lambertenghi, zona Bovisa. Sabato pomeriggio di quelli classici di inizio autunno: cielo grigio, aria molto più che frizzante e baveri dei giacconi ben alzati per proteggersi. Lo spettatore milanese sbotta e resta a bocca aperta. E’ sulla sessantina, ha una montagna di capelli chiari ben pettinati, gli occhi azzurri, il volto attraversato da mille rughe e un giubbotto color beige. Si guarda attorno, una, due, tre volte e poi incrocia lo sguardo di un vigile che rotea la paletta ridendo sotto i baffi.

Red Hook Crit di Milano è un challenge internazionale giunta al quarto episodio stagionale dopo quelli di New York e Barcellona.

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Nell’aria profumo di birra e di salamelle

Un via vai di gente inaspettato, incroci presidiati, campanacci, rumore cupo di ruote in carbonio e di pedali che si agganciano, balle di paglia a proteggere le curve più pericolose e suono ipnotico di rulli usati per scaldare le gambe e portare a temperatura il cuore. Murales e muri scrostati a contrasto col moderno della stazione e dei palazzi del Politecnico di Milano.

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Accenti e lingue di ogni tipo. Spagnoli, slavi, americani, tedeschi, sudamericani, italiani. Tatuaggi ovunque, a decorare e, a volte, incattivire volti di ragazzi che chissà quante storie avrebbero e potrebbero raccontare. Gambe depilate, a volte magre e toniche, altre volte pallido ricordo di quello che (forse) sono state.

Piercing, ragazze dark, magliette a maniche corte, coppole e occhiali di ogni forma. Tabacco masticato, jeans con risvolti improbabili e un trabiccolo a pedali con annesso cassonetto per le pulizie.

Il rettilineo di partenza è segnato da tante piccole griglie numerate e la voce dello speaker richiama i concorrenti al via della prima prova di qualifica. 200 corridori al via, due prove di qualifica e poi, alla sera, la finale. Corridori di tutti i tipi: da quelli più famosi ai bike messenger con tanto di jeans e zaino a tracolla.

Le bici sono rigorosamente da pista: ruote da 28″, scatto fisso e un unico rapporto da spingere al massimo lungo un percorso di un chilometro e trecento metri da ripetere (in finale) non più di 33 volte.

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Al via tutto sembra sospeso: partono e spariscono verso la prima rotonda per poi ricomparire, un minuto e mezzo più tardi, alla spicciolata. Alcuni viaggiano in scia, altri in solitaria. C’è chi digrigna i denti e chi continua a voltarsi alla ricerca dei compagni di squadra.

Ma cume l’è che funsiona?

Il signore milanese parla un po’ per tutti e vuole capire. “Per ognuno viene preso in considerazione solo il miglior giro, gli altri possono farli al ritmo che vogliono“. Parole e musica di un ragazzo dai capelli arruffati e gli occhi iniettati di adrenalina che si è affacciato da poco alle transenne. Umanità varia.

Cronometra il tempo, se è più basso di uno e 43 allora abbassa il braccio, altrimenti non dirmi nulla“.

Moglie e figlia di un corridore fanno un cenno col capo e, dall’altro lato della strada, accettano il compito loro assegnato da una terza persona (amico, fratello, direttore sportivo?). Ridono, si scambiano uno sguardo complice, si stringono nelle spalle e poi, quando arriva il momento, lanciano un urlo: “Dai Andrea!“. Lui passa veloce, una smorfia di grinta dipinta sul viso e occhiali scuri a nascondere gli occhi.

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“Troppo facile fare quella curva con le ruote da 28! Avresti dovuto esserci giovedì sera quando ancora non c’erano le transenne e con noi c’erano solo i rimastomi”!

A parlare è un ragazzo come se ne vedono tanti ai concerti metal: giubbotto in pelle, capelli biondi e lunghissimi, barba a punta, occhi azzurri, occhialini da intellettuale e baffi arricciati. Ride con la voce da bambino e saluta, ostentando il gesto, un amico che lo ha appena raggiunto. “Questa gente avrebbe dovuto vederci giovedì, altro che!”. L’altro sorride, un bicchiere di birra in mano e lo sguardo rapito da una bici legata a una transenna: “Hai visto che bella?“.

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Ultimo minuto, ultime cartucce da sparare per chi non ha ancora fatto il giro buono.

Urla rauche, visi paonazzi e, per alcuni, finalmente, sguardi di intesa, scambi di opinione e relax. Un ragazzo in maglia bianco verde e casco blu passa sorridente. Dal palco gli dicono qualcosa, lui risponde con un gesto di vittoria, si volta, saluta e poi continua.
Lo raggiungono in due: “Hai il miglior tempo!
Si abbracciano.

Dalle transenne qualcuno applaude: “Stasera vinci tu!” Lui accenna a fermarsi, sorride e saluta nuovamente. Alla fine corre via.

Info RHC: redhookcrit.com

Autore dei testi:
Massimiliano Lamberti

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