Matteo Cappè ne ha parlato qualche giorno fa in un suo articolo, anch’io voglio dire la mia sulla questione dell’uso del casco da parte dei ciclisti urbani

Leggendo l’articolo di qualche giorno fa scritto da Matteo Cappè, il direttore di urban.bicilive.it, non ho resistito dal dire la mia a riguardo al casco per ciclisti e al suo uso (o, non uso) in città.

Concordo pienamente con quanto scritto e non voglio farlo da ipocrita, ma da persona che non sempre rispetta le regole.

Uso la bicicletta praticamente da sempre, ma solo nell’ultimo anno come alternativa agli altri mezzi di spostamento. Fino a qualche tempo fa son sempre andato senza casco e non posso negare che anche adesso qualche volta mi capita di non metterlo, però se prima il pensiero non mi sfiorava, adesso, tutte le volte che esco senza, so che sto correndo un rischio in più in una città che è già piena di rischi.

Lo stesso vale per tutte quelle infrazioni che mi capita di fare, ma che si dovrebbero evitare.

Un incrocio cittadino, con semafori e ciclisti

Come si sa l’uomo non è perfetto, però continuare a perseverare nei propri errori “è diabolico”: quando si va in macchina o in moto non sempre si rispettano al 100% tutte le regole, però si è consapevoli di essere nell’errore e si pensa subito a evitare quel modo di agire per l’occasione successiva (penso che tutti siano passati almeno una volta con il rosso o non abbiano dato una precedenza).

Con la bici questo non accade, perché?

Una risposta definitiva non so darla, però riflettendo su come agisco, credo che i motivi che causano questo comportamento scorretto siano riconducibili a un senso di “onnipotenza” e a una visione non chiara dei pericoli che realmente corriamo.

Lo vedo tutti i giorni in giro per le strade di Milano. Se si passa con il rosso, se si va contromano, se si pedala sui marciapiedi o sulle strisce, in ogni caso la maggior parte delle volte nessuno dice niente, anzi sembra quasi che sia normale anche per gli altri.

Ma perché dico questo? Non è proprio questo il vantaggio della bici come mezzo di trasporto in città? No, siam pazzi!

Se il vantaggio di usare la bici consistesse nel rischiare di farsi male tutti i giorni, non credo che la valuterei come reale alternativa alla macchina, alla moto o ai mezzi pubblici. La mia scelta è ricaduta sulla bici perché, a confronto con tutte le altre alternative, ha vinto a mani basse. E io sono uno pignolo su queste cose.

Ho tenuto conto dei tempi, dei costi e dei comfort. Alla fine la mia scelta era sempre la stessa.

Sui tempi neanche a parlarne, giusto la moto riesce a tener testa alla bici, ma quando il traffico è davvero intenso perde anche lei rovinosamente.

I costi ovviamente son sempre a favore della bici: 10€ per centrare i cerchi in 3 mesi di utilizzo più 7€ di lubrificante per la catena. Bollo, assicurazione, benzina, eventuali multe, tagliandi, zone ecopass e parcheggi a pagamento non so neanche più cosa siano.

Un ciclista lega la sua bicicletta con un antifurto

Per quanto riguarda il comfort pensavo fosse la macchina ad avere la meglio, ma non avevo tenuto conto della lucidità residua a fine giornata. Pensavo: stare seduti comodi, con un po’ di musica, con la temperatura ottimale e senza fare sforzi, non ha confronto. Sbagliavo!

Riflettendo a freddo dopo il confronto diretto, mi son reso conto che anche in questo caso mi trovo meglio in bici. Con la macchina quando arrivavo a casa ero sempre fiacco o stordito, oppure, nella peggiore delle ipotesi, nervoso. Con la bici no, arrivo a casa e mi sento carico, pronto a fare mille cose (addirittura studiare!).

Solo la prima settimana è stata un po’ più difficoltosa a causa del mio scarso allenamento, ma in ogni caso mi sentivo sempre soddisfatto e appagato (non sembra ma ci si tiene anche in forma).

Ultime due cose, ma in realtà le prime a cui ho pensato: sudore e pioggia.

Sudore: sì è vero, si suda, ma con le dovute accortezze anche questo non è stato più un problema. Ho risolto con un asciugamano nello zaino, 2 magliette di ricambio e una bomboletta di deodorante (magari una doccia arrivati a casa non guasta).

La pioggia sembrava la cosa più ostica, infatti i primi tempi prendevo i mezzi pubblici per arrivare in redazione odiando la vita e il creato. Poi, rispolverando nel mio armadio, ho trovato una giacca in gore-tex e i miei vecchi pantaloni da snowboard: la salvezza! Così adesso anche se piove, basta mettere il cambio nello zaino e posso continuare a spostarmi a Milano in bici.

Che dire, se uno zuccone come me è riuscito ad entrare nell’ottica che veramente la bici può essere un’alternativa, non vedo perché non possano farlo anche gli altri. Forse partendo da piccole cose… da piccoli cambiamenti, si può arrivare ad avere una visione più ampia e iniziare a comportarsi in modo corretto anche in sella ad una bici.

In ogni caso bisogna provare, smettere di farsi troppi viaggi mentali e cominciare ad agire!

A proposito dell'autore

Appassionato da sempre a tutto ciò che ha due ruote, ha trovato in Diplomato come ragioniere e perito commerciale amministrativo, adesso è iscritto alla facoltà di economia presso l’Università degli Studi Milano-Bicocca. Trova nella mountainbike lo sfogo perfetto per “staccare” dagli impegni e stare a contatto con la natura.